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Le abilità di Counseling

Pubblicato il 10/01/2014

Tutti noi utilizziamo quotidianamente le nostre innate “abilità di counseling”, ogni volta che qualcuno (un amico, un collega, un familiare, un cliente, uno sconosciuto sul tram) ci chiede, direttamente o indirettamente, di ascoltarlo, di sostenerlo in una momentanea difficoltà.
La Scuola di Counseling, quindi, non si basa su qualcosa di completamente nuovo per noi, ma ci insegna ad alimentare la nostra capacità empatica di ascolto, consapevoli, per nostra stessa esperienza, di quanto a volte ciò faccia la differenza tra “affondare” o “riemergere” da una difficoltà, tra un dispiacere o una vera e propria sofferenza.
Non si tratta di diventare degli psicologi o psicoterapeuti di serie B (sarebbe davvero inutile, visto il numero di ottimi psicologi e psicoterapeuti presenti in Italia!), ma semmai di imparare a portare nella nostra vita, nella nostra professione, nella nostra famiglia, quella capacità di “ascolto attivo” che possa davvero far sentire agli altri e a noi stessi una calda vicinanza umana. Ciò renderà migliore, o almeno più REALE, la nostra presenza in ciò che stiamo facendo e sperimentando emotivamente, nel contatto con gli altri.
La continua spinta all’individualismo, all’edonismo più sfrenato, alla superficialità dei sentimenti, alla volgarità della comunicazione, all’arrivismo rampante che ci vengono quotidianamente propinati in dosi massicce dai media e dai “predicatori di sventure” di ogni risma e colore, tendono ad isolarci e a spaventarci ben oltre il sopportabile.
La figura del Counselor e, più ancora, una diffusione massima di concrete ”abilità di counseling”, possono renderci capaci di “aiutare noi stessi ad aiutarci” e di “aiutare gli altri ad aiutarsi”. Come vedete, niente di “terapeutico” in senso stretto, ma molto di umanamente caldo, vicino, empatico, transpersonale (inteso come l’essenza dell’incontro tra esseri viventi).

La ricerca interiore
INVITO ALL’ASCOLTO…
Cosa c’è dietro l’irrefrenabile desiderio che a volte avvertiamo, di andare verso qualcosa di nuovo? E molto più spesso, cosa ci spinge a temere di fare anche il più piccolo passo verso una nuova direzione, avvertendo la paura del cambiamento? Ognuno di noi avrà, a questo punto, le sue buone risposte e gli altrettanti buonissimi motivi per essere (e restare) nell’una o nell’altra situazione. In effetti, come spesso capita non c’è la risposta giusta, ma c’è la “nostra” risposta. Quello che davvero è importante è la consapevolezza del perché, in quel preciso momento, stiamo scegliendo per noi, proprio quella risposta. Ed è qui che molti di noi incontrano la nebbia del dubbio, della paura, della frustrazione. Quella che vorremmo fosse una libera scelta ci può apparire come una inesorabile condanna. Oppure avvertiamo la sensazione che il sogno sia sempre da un’altra parte, la possibilità di essere noi stessi sia sempre al di là dell’impossibile!
Quanti di noi, in questi mesi, hanno sentito che la loro vita non si realizzerà mai appieno solo perché non hanno vinto al superenalotto? E quanti di noi sentono che la loro vita non è realizzata perché hanno il lavoro sbagliato, il marito sbagliato, la moglie sbagliata, la casa sbagliata, la suocera sbagliata o, ahimé, i genitori sbagliati?
L’illusione (ed ogni illusione prima o poi è destinata a trasformarsi in delusione) sta nel pensare che la soluzione sia altrove da noi, anche se a quest’altrove diamo l’immagine “spirituale” di un dio, di un entità, di un maestro, di un paradiso o di un inferno! La realtà “è” istante per istante, contemporaneamente paradiso e inferno. La realtà è ciò che è, ricca di perfezione ed insegnamento, purché in quell’istante in cui la realtà “è” noi si sia lì ad accoglierla. Accoglierla non significa pretendere di trasformarla né sperare che qualcuno al di fuori di noi la trasformi per noi (ovviamente secondo i nostri desideri!). Gli dei, le entità, i maestri non sono la realtà, bensì come tutti loro hanno sempre detto, sono l’ispirazione, sono la via, sono il dito che indica la luna! Nell’istante reale possiamo abbandonarci o resistere, vivere o pensare a come si dovrebbe vivere. E’ come ascoltare una sinfonia…le note, gli accordi possiamo goderceli solo se siamo lì ad ascoltarli, senza fischiettare in testa la sinfonia che vorremmo scrivere.
Quanta umiltà serve per non fischiettare alcun motivetto? Quanta serenità serve per limitarsi ad ascoltare? E infine, quanta resa totale all’esistenza serve per essere soltanto una nota della sinfonia? Questo è il mio augurio! Di imparare a riconoscere di essere “solo” una nota e non è importante se siamo all’inizio, a metà o alla fine della sinfonia o, come è probabile, se la sinfonia ci “usa” più e più volte in accordi diversi. Senza di noi, senza quella nota, messa proprio lì, in quel momento e in quel modo, sarebbe un’altra sinfonia!
Il lavoro interiore e, quindi, il lavoro che la nostra Associazione propone a tutti va proprio in questa direzione.
Non si tratta di capire cosa è sbagliato per poterlo cambiare, ma di guardare con amore a quello che c’è, affidando “il mutamento” alla vita stessa più che alle nostre valutazioni sulla vita. La proposta che facciamo a ciascuno è dunque quella di porsi in ascolto, di accogliere l’opportunità di ricevere un’ispirazione, uno stimolo, una parola, un’immagine che sappiano condurci lì dove già siamo, ma consapevoli di cosa c’è li dove siamo.
(Mario Franchi)

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